Risorgimento Italiano

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Risorgimento Italiano

Il risorgimento italiano fu un periodo della storia italiana, stanziata nella penisola italiana, nelle isole di Sardegna, Sicilia e negli arcipelaghi minori consegui la propria unità nazione.

Il termine è una idea di una rinascita della nazione italiana. Per questa visione idealizzata del periodo, riveduta in un concetto ampio della situazione italiana ed internazionale e la stessa unificazione è vista come un processo di espansione del Regno di Sardegna come un processo collettivo, il termine ha assunto valenza storica per questo periodo della storia d'Italia.

La datazione convenzionale sui limiti cronologici del Risorgimento risente evidentemente dell'interpretazione storiografica riguarda a tale periodo e perciò per non esiste accordo fra gli storici sulla sua determinazione temporale, formale e ideale.

Esiste inoltre tra un "Risorgimento letterario" e uno politico per il quale si scrisse di Risorgimento italiano in senso esclusivamente culturale fin dalla fine del secolo XVIII.

La prima estensione si ebbe con Vittorio Alfieri (1749 - 1803), non e caso definito da Walter Maturi, il primo intellettuale uomo libero del Risorgimento.

Anche la Resistenza italiana (1943 - 1945) è stata talvolta ricollegata idealmente del Risorgimento.

Le Idee liberale e le speranze suscitate dal illuminismo e i valori della Rivoluzione francese furono portate in Italia da Napoleone sulla punta delle baionette del' Armèe d' Italie.

Le personalità di spicco in questo processo furono molte tra cui : Giuseppe Mazzini, figura eminente del movimento liberale repubblicano italiano e europeo; Giuseppe Garibaldi; Camillo Benso conte di Cavour; Vittorio Emanuele II di Savoia.

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Gli unitaristi repubblicani e federalisti radicali contrari alla monarchia come Nicolò Tommaseo e Carlo Cattaneo; cattolici come Vincenzo Gioberti e Antonio Rosmini che auspicavano una confederazione di stati italiani sotto la presidenza del Papao della stessa dinastia sabauda.

Gli anni (1847 - 1848) vedono il sviluppo di vari movimenti rivoluzionari e di una prima guerra anti austriaca, scoppiata in occasione della rivolta delle Cinque Giornate di Milano (1848). Tale guerra condotta e persa da Carlo Alberto, si concluse con un sostanziale ritorno allo statu quo ante.

La seconda fase, nel 1859 - 1860, fu quella decisiva per il processo di unificazione italiano. Questa ultima, formata da poco più mille volontari provenienti dalle regioni settentrionali d'Italia e appartenenti sia ai ceti medi che a quelli artigiani e operai, fu l'unica impresa risorgimentale a godere, almeno nella sua fase iniziale,di un deciso appoggio delle masse contadine siciliane, all'epoca in rivolta con il governo borbonico, e fiduciose nelle promesse di riscatto fatte loro da Garibaldi.

La dichiarazione del Regno d'Italia, si ebbe nel 17 marzo 1861. Il nuovo regno manterrà lo Statuto albertino, la costituzione concessa da Carlo Alberto nel 1848 e che rimarrà interrottamente in vigore fino 1946.

Che non si trattasse di un fenomeno di semplice criminalità è dimostrato dal fatto che si ritenne necessario l'intervento del esercito regio e l'emanazione di leggi speciali (la legge Pica 1863) che applicavano la legge marziale nei territori del Mezzogiorno italiano.

L'unificazione vine poi quasi interamente completata con l'annessione del Veneto a seguito della disastrosa partecipazione dell'Italia alla Guerra austro - prussiana del 1866 (Terza guerra d'indipendenza).

Seppure alla proclamazione del Regno d'Italia, fosse stata indicata Roma come capitale morale del nuovo stato, la città rimaneva la sede dello Stato Pontificio. Alcune terre papali (Marche ed Umbria errano state già annesse durante la discesa del esercito piemontese in soccorso di Garibaldi, che stava realizzando la conquista del Meridione, mallo stato della chiesa rimaneva sotto la protezione delle truppe francesi che continueranno a difenderlo dai due tentativi falliti di Garibaldi (giornata del Aspromonte e battaglia di Mentana), con la connivenza del governo italiano di Urbano Rattazzi. Solo dopo la sconfitta e cattura di Napoleone III a Sedan nella guerra franco - prussiana, le truppe italiane con Bersaglieri e Carabinieri in testa, il 20 settembre 1870, entrarono dalla breccia di Porta Pia nelle capitale.

Dopo il plebiscito del 2 ottobre 1870 che ha fatto l'annessione di Roma al Regno d'Italia, nel giugno del 1871 la capitale d'Italia, già trasferita in ottemperanza alla Convenzione di settembre 1864 - da Torino a Firenze, divenne definitivamente Roma.

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La prima guerra d'indipendenza, la guerra della concordia nazionale che sembrava realizzare il progetto neoguelfo era cosa molto diversa per gli stessi soldati contadini piemontesi che dovevano combatterla. Vincenzo Gioberti e Angelo Brofferio sentirono perciò la necessità di doverli motivare al valore risorgimentale della guerra ma "le mille imprecazioni dei nostri soldati li fecero desistere dalla loro impresa".

Il fallimento nel 49 del programma moderata e di quello democratiche con la caduta delle repubbliche mazziniane di Roma e Firenze fece perdere gran parte del suo sentimento romantico e popolare al nostro Risorgimento. L'iniziativa passo nelle mani della monarchia sabauda e del conte di Cavour.

La partecipazione effettiva delle masse subalterne al processo unitario continuò essere cosi modesta. I moderati che avevano visto sventolare le bandiere rosse sulle barricate nel 48 e i democratici che ricordavano l'esito infausto della spedizione di Piscane si accomunavano.

Nella seconda guerra d'indipendenza (1859) i soldati del esercito sardo, quasi esclusivamente contadini e popolani ... non erano ancora ben persuasi che il Piemonte fosse in Italia, tant'è vero che ai volontari provenienti dalle altre regione d'Italia rivolgevano la domanda "Vieni da l'Italia?".

Il popolo fu il grande assente del Risorgimento. Mentre le "elites" fanno la storia, dibattendo progetti su cui concordo solo per l'unità e l'indipendenza politica, ma per il resto dividendosi tra le regime monarchico o repubblicano, stato unitario o federativo, metodi diplomatici o rivoluzionari, milioni di contadini rimangono nella non storia. Anzi entreranno nella storia proprio battendosi contro l'unita ormai raggiunte è il fenomeno del cosiddetto brigantaggio meridionale.

Già all'indomani della unità la classe dirigente presenta ciò che era accaduto come il risultato di una spinta nazionale di popolo e questo si vuole che sia insegnata nelle scuole del Regno, cosi varie generazioni di italiani hanno imparato di Risorgimento.

Una storiografia sviluppa già all'indomani della raggiunta unità d'Italia con gli storici N. Bianchi e C. Tivaroni volle presentare il movimento risorgimentale come il perfetto risultato di un compromesso tra una monarchia sabauda troppo debole per unificare il paese da sola e un movimento democratico.

Gli storici del perioda fascista come Gioacchino Volpe (1927) ripresero invece la teoria postrisorgimentale che giudicava come positiva la visione di un Risorgimento come risultato di una guerra dinastica, questa era stata la necessaria premessa del avvento del fascismo che dopo la felice conclusione della "quarta guerra d'indipendenza", la prima guerra mondiale ha realizzato già delineati destini del popolo italiano che il movimento fascista aveva fatta protagonista di quella rivoluzione democratica prima falita.

L'Omodeo (1926), riprendeva in parte la visione del Risorgimento come il risultato di una positiva e feconda azione messa in atto da una minoranza liberale che era stata però sopraffatta del fascismo. Tesi questa condivisa in parte di Croce (1928) che giudicava positivamente il periodo della politica liberale che aveva portato all'unità nazionale e che aveva governato saggiamente nel periodo postunitario fino a quando non si era manifestata quella "malattia morale" del fascismo, destinata comunque ad essere sanata del liberalismo.

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